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5. - SULLE TRACCE DEL CONVENTO (1581 -1738)
A chiesa e convento edificati, usandoli come simbolica nave, iniziamo una lunga navigazione sulla rotta della storia in com­pagnia di tanti Frati, membri attivi dell'equipaggio dell'imma­ginario sacro vascello, in un avvincente, drammatico e a volte esilarante viaggio che darà gioia e preoccupazioni. Protettore è San Francesco, sublime navigatore e infallibile bussola capace sempre d'indirizzare i mortali verso la giusta via nell'intricato groviglio delle vicende umane.
Partiamo, pertanto, fiduciosi e senza ripensamenti, verso quel fantastico percorso ricalcando episodi che il tempo, da secoli, ha già indelebilmente tracciato.
Nostro compito è quello di avvicinare il più possibile la realtà storica del viaggio.
I primi segni di vita del convento li troviamo nell'opera del Marafioti (*); poche righe se vogliamo ma tuttavia una valida indicazione della presenza dei Paolotti a Pizzo nel 1593 circa, e crediamo che lo storico di Polistena abbia dormito parecchie notti nelle celle dell'eremo, come ospite dei Minimi; inoltre, il frate esperto di storia locale che gli faceva da guida forse doveva es­sere il fondatore del convento, padre Virgilio Milezio.
Ecco come il Marafioti descrive la sua passeggiata storica nel­la cittadina:
"... Di questa Seggiuola (trattasi di una spiaggia caratteri­stica posta nel mezzo della roccia su cui sorge Pizzo, incastona­ta fra due strapiombi di roccia tufacea sui quali si ergono le case dell'abitato), ragionando un padre dell'ordine di S. Francesco di Paola, affermava, eh 'in essa soleva leggere Cicerone, ma cre­do ch'egli ciò dicesse, perché non havesse vedute se non le co­perte dell 'Historie antiche...".
(*) Gemiamo Marafioti nacque a Polistena poco dopo il 1550 e già giovanissimo entrò nel monastero dei M'inori Osservanti dove si laureò in teologia, uovo aver stu­diato, visitandoli, la storia dei paesi della Calabria, nel 1595 diede alle stampe a Na­poli la prima edizione del famoso "Croniche et antichità di Calabria" che gli valse allora e per molto tempo fama e onori. Morì, forse, verso il 1630.
 
Il 25 marzo 1638 e il 5 novembre 1659, due terribili terremoti arrecarono alla chiesa e al convento seri danni che richiederan­no tempo e sacrifici per essere riparati. Inizia così il triste rosa­rio di questa calamità naturale che, con una drammatica ed ina­spettata frequenza, "convivere", insalutato ospite, con i Monaci attraverso i secoli condizionandone, spesso drammaticamente, la loro vita monastica e missionaria.
Ma, come vedremo più avanti, lo spirito di lotta contro ogni tipo di avversità sarà uno dei propellenti più vivi fra quelli che infiammano il cuore del frate, anzi è sua norma cristiana irrag­giare i depressi onde animarli nell'ora della ripresa, quando tutto sembra crollare. Così, come la terra con suo tremolio rovescia le cose, la forza della fede e l'amore per il penitente di Paola riedificano tutto come prima, approntando i Paolotti ad altre difficili prove.
E i Monaci, autentici alabardieri in questa eterna lotta contro le naturali avversità, riprendevano alacremente, pur nelle tena­ci congiunture, la loro vita contemplativa riaprendo i santi luo­ghi al culto, alla preghiera, alle opere assistenziali, alla cultura, all'insegnamento. Vicini al popolo infondevano idee e azione.
I rintocchi delle campane della chiesa scandivano i tempi d'inizio e termine dei duri lavori nei campi quando il contadino, immiserito dal magro baiocco che gli lesinava il barone, poteva sfogare il suo atavico astio col religioso questuante dividendone la pagnotta giornaliera, sognando un mondo migliore.
Anche il pescatore, al di fuori della decima o balzelli vari, ri­conoscendo la bontà della predicazione dei figli del Paolano, in un mondo di empietà e tracotanza, offriva ai Frati spontanea­mente del pescato, sollevandoli così, per quel poco che poteva, dall'inanizione nei giorni di carestia, digiuni che spesso la rigi­da regola quaresimale dell'Ordine inaspriva più di ogni altra sopportabile privazione.
Vola così il sec. XVII in un'altalena dondolante che vede i Mi­nimi impegnati in attività religiose, iniziative culturali e sociali, opere pie e tanta carità legata al popolo, alla terra, al mare, ai drammi come cataclismi, sconvolgimenti tellurici, siccità e ca­restie: il periodo che verrà, come vedremo, sarà ancora più dif-
 
ficile e avrà dei momenti tragici (*).
Nel 1624 troviamo come correttore provinciale della Calabria Ultra Seconda (Catanzaro e Reggio C.) Padre Giacinto da Pizzo (**) che rimase in carica per tre anni. Nel capitolo generale dei Minimi n. XXXVII, celebrato a Marsiglia, dal 24 maggio al 4 giugno 1635 si fa mensione di un Padre Giacinto di Pizzo Provinciale di Calabria. Probabilmente si tratta sempre dello stesso Frate Gia­cinto Tranquillo di cui diremo avanti
Altro elemento valido che prova la crescita della devozione per S. Francesco e la vitalità spirituale dei monaci del convento di Pizzo ci viene fornita da Bario Tranquillo, a pag. 85 della sua già citata opera, il quale riporta una breve biografia di tre Mo­naci dei quali due sono suoi congiunti:
"Domenico Tranquillo, dell'Ordine di S. Francesco di Paola, teologo e predicatore, fratello di Gerolamo Tranquillo, mio pa­dre, diede alla luce della stampa il Trionfo di San Francesco di Paola nel 1642 per Giovanbattista Russo, e tre celebri Tomi so­pra l'operazioni delle Sante Degnamente, Cecilia ed Anastasia: lasciò manoscritta un'Opera latina de Sacramentis. Fa di lui men­zione Niccolo Toppi nella sua biblioteca Neapolitana al foglio 74". E poi continua nella stessa pagina:
"Giacinto Tranquillo, dell'Ordine dei Minimi, fratello di Gerolamo Tranquillo, mio padre, fu gran Teologo, Predicatore, e Provinciale due volte, in questa nostra provincia. Predicò egli in Roma, ma con applauso così grande, che gli Ascoltanti per lo stupore furono forzati a sclamare: «Viva Calabria». Lasciò egli manoscritto un Tomo di varie materie spirituali.
Di lui si fa ricordo nella Cronica de' Minimi, non per anche
(*) II 23 maggio 1738 un forte sconvolgimento tellurico danneggiò Pizzo facendo crollare molte abitazioni fra cui le celle del Convento di San Francesco di Paola. «I Padri si trovarono nella necessità di contrarre un debito di 200 ducati "specialmente per poter incominciare qualche riparo alii gran fracassi cagionati a detto venerabile monastero per il flagello del tremuoto successo di questa città al dì venti tre maggio prossimo caduto del corrente anno". La somma fu loro mutuata all'interesse del 6% dall'U. I. Dr. Giorgio Melecrinis».
- Antonio Tripodi - Notizie di storia religiosa delle Diocesi di Mileto, Nicotera, Tropea
- in Incontri Meridionali.
 
impressa, ove si parla degli uomini illustri in bontà, lettere, e governo di questa Provincia di Calabria".
"Giovan Battista Ferrari dell'Ordine dei Minimi, teologo dot­tissimo, e famoso Astrologo, compose e lasciò manoscritta un 'opera intitolata Dizionario Astronomico, molto stimato dagli eruditi".
Riportiamo, dallo stesso libro, qualche nota che riguarda i conventi, ricordando che il Tranquillo, pur pubblicando la sua opera nel 1725, già vent'anni prima l'aveva pronta, precisazio­ne che ci serve per inquadrare il periodo storico: "... E aggiungesi che nei palagi di più eruditi signori del Pizzo, vi sono lettere di Filosofia, di legge Canonica e Civile, siccome nei Monisteri, di Filosofia, e di Teologia Scolastica e Morale, e vi si veggono così nei Conventi dei Religiosi, com'anche ne' Palagi, bellissimi mu­sei e librerie...".
Infine, al Capitolo Generale dell'Ordine, tenuto a Firenze nel 1764, fra i benefattori dei conventi di S. Francesco, vengono se­gnalati alla stima mondiale i signori: Giorgio Melecrinio, Baro Tranquillo e Matteo Pacenza, nobili della città del Pizzo. Tracce brevi, varie e diradate ma sufficientemente probanti dell'esistenza e della continuità del convento nel suo primo secolo di vita.
(**) P. Giovanni Fiore - "Della Calabria Illustrata" - 1691, Napoli.
 

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